Simbolo di sostenibilità: una lampadina nel verde contenente una foglia, icona di rispetto ambientale. - www.economiafinanzaonline.it
Il panorama economico europeo sta attraversando una metamorfosi senza precedenti, spinta da normative stringenti e obiettivi climatici improrogabili.
Per le PMI italiane, la cosiddetta transizione ecologica si sta traducendo nella rivoluzione della gestione di una serie di aspetti determinanti per la crescita sana di qualsiasi impresa, a partire dalla mobilità aziendale.
Questo perché le scadenze imposte da Bruxelles, in particolare il pacchetto Fit for 55 e il bando alla vendita di motori endotermici previsto per il 2035, stanno ridisegnando le regole del gioco: non si tratta soltanto di sostituire un veicolo diesel con uno elettrico, ma di ripensare l’intero modello di gestione del rischio d’impresa.
L’impatto delle normative europee sulla svalutazione del parco auto
Il primo e più tangibile effetto delle nuove politiche ambientali riguarda il valore dei beni mobili registrati. Fino a pochi anni fa, l’acquisto di una flotta aziendale composta da veicoli diesel o benzina rappresentava un investimento relativamente sicuro, con curve di deprezzamento prevedibili e un mercato dell’usato solido. Oggi, questo paradigma è stato capovolto.
L’introduzione di zone a traffico limitato (ZTL) sempre più estese nelle maggiori città italiane e le discussioni attorno alla normativa Euro 7 hanno accelerato l’obsolescenza tecnologica dei veicoli termici. Per un’azienda, questo si traduce in un rischio concreto: acquistare oggi un veicolo che, tra tre o quattro anni, potrebbe subire restrizioni alla circolazione o vedere il suo valore residuo crollare drasticamente.
Questo fenomeno, noto come stranded asset (asset incagliato), rappresenta una minaccia diretta al bilancio, specialmente per le PMI che non dispongono della liquidità necessaria per assorbire svalutazioni improvvise.
Il dilemma tecnologico: elettrico, Ibrido o attesa?
Di fronte all’incertezza sul futuro del motore termico, la risposta logica sembrerebbe acquistare veicoli guardando al mercato dell’elettrico.
Tuttavia, anche questa strada non è priva di ostacoli per il tessuto imprenditoriale. La tecnologia delle batterie è in costante e rapida evoluzione: un veicolo elettrico acquistato oggi potrebbe risultare tecnologicamente superato nel giro di un biennio, con autonomie inferiori e tempi di ricarica più lunghi rispetto ai nuovi standard che si affacceranno sul mercato.
Inoltre, l’infrastruttura di ricarica nazionale, sebbene in crescita, presenta ancora zone d’ombra che possono complicare l’operatività di chi utilizza l’auto per lavoro, come agenti di commercio o tecnici che coprono lunghe distanze giornaliere. L’immobilizzazione di capitale per l’acquisto di veicoli la cui tecnologia non è ancora giunta a piena maturazione, o il cui valore futuro è incerto, è un azzardo che molti CFO preferiscono evitare.
Strategie finanziarie per mitigare il rischio tecnologico
In questo scenario di volatilità, la proprietà del mezzo sta perdendo la sua attrattiva storica a favore dell’utilizzo. La necessità di mantenere la flotta aggiornata con le ultime normative, garantendo al contempo l’accesso ai centri urbani e riducendo l’impronta di carbonio, spinge le aziende verso modelli di gestione più flessibili.
Ne costituisce un esempio il noleggio a lungo termine, che permette di evitare l’acquisto diretto di mezzi e comporre la propria flotta aziendale a fronte del solo pagamento di un canone mensile.
In questo modo, è possibile trasferire il rischio della svalutazione e dell’obsolescenza tecnologica a terzi, trasformando i costi fissi e imprevedibili (CAPEX) in costi operativi certi e pianificabili (OPEX).
Per disporre di una panoramica sempre aggiornata delle proposte più interessanti attualmente disponibili sul mercato, è possibile affidarsi a portali di comparazione come Facile.it, che permette di mettere a confronto le offerte di noleggio a lungo termine riservate alle partite IVA in pochi click, a fronte di un servizio rapido, veloce e del tutto gratuito.
Il peso dei criteri ESG nella catena di fornitura
C’è un ulteriore aspetto che spinge le PMI verso un rinnovo rapido e costante del parco auto: la competitività nella filiera. Le grandi aziende committenti sono sempre più attente ai criteri ESG (Environmental, Social, and Governance) e richiedono ai propri fornitori di dimostrare standard di sostenibilità elevati. Un’azienda di servizi, un installatore o un consulente che si presenta con una flotta obsoleta e inquinante rischia di essere penalizzato nei processi di selezione dei fornitori o nelle gare d’appalto.
Il calcolo delle emissioni di CO2 (Scope 3) include, infatti, anche le emissioni generate dalla catena di fornitura. Avere un parco auto “green” non è più solo una questione etica o di compliance normativa, ma diventa un fattore abilitante per il business. Le banche stesse, nel valutare il merito creditizio, iniziano a premiare le imprese che dimostrano un piano credibile di decarbonizzazione.
La flessibilità come nuovo standard operativo
L’incertezza normativa non sembra destinata a risolversi nel breve termine. Le discussioni a livello europeo su e-fuel, biocarburanti e possibili revisioni delle scadenze temporali creano un quadro in continuo divenire. In un ambiente così fluido, la rigidità della proprietà rischia di diventare un limite. La capacità di adattare la dimensione e la tipologia della flotta alle reali esigenze del momento, e di sostituire i mezzi non appena le tecnologie o le leggi cambiano, è la vera chiave di volta per la sopravvivenza e la crescita delle PMI nel prossimo decennio.
Affrontare la transizione ecologica richiede quindi un cambio di mentalità: l’auto aziendale non deve essere vista come un trofeo da possedere, ma come uno strumento di servizio che deve garantire la massima efficienza con il minimo rischio.
Solo attraverso un approccio pragmatico, che privilegi la flessibilità contrattuale e l’aggiornamento tecnologico continuo, le imprese italiane potranno trasformare l’obbligo della transizione in un vantaggio competitivo, evitando che la corsa verso il “Net Zero” si trasformi in una corsa a ostacoli insuperabile per i propri bilanci.