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Scontro tra Trump e Fed sui tassi di interesse: richiesta di tagli immediati, ma Powell si prende del tempo.

La situazione economica negli Stati Uniti si fa sempre più complessa nel marzo 2025, con l’inflazione che continua a preoccupare la Federal Reserve. La banca centrale, guidata dal presidente Jerome Powell, si trova a dover affrontare il rallentamento della crescita economica, influenzato dalle politiche protezionistiche implementate dall’amministrazione Trump. In questo contesto, Powell ha ripreso a utilizzare il termine «transitorio» per descrivere l’inflazione, un segnale che potrebbe indicare una certa cautela nell’affrontare i tassi di interesse.

Le pressioni politiche sulla Federal Reserve

Il presidente americano Donald Trump ha intensificato le sue critiche nei confronti della Federal Reserve, chiedendo un immediato abbassamento dei tassi di interesse. Questa richiesta si inserisce nel tentativo di mitigare gli effetti negativi dei dazi commerciali imposti dalla sua amministrazione, volti a ridurre il disavanzo commerciale degli Stati Uniti. Le nuove tariffe, che entreranno in vigore il 2 aprile 2025, colpiranno non solo Canada e Messico, ma anche l’Europa, aumentando ulteriormente le tensioni commerciali. In un post sul suo social media Truth, Trump ha esortato la Fed a «fare la cosa giusta» e a ridurre i tassi mentre gli effetti dei dazi iniziano a farsi sentire nell’economia.

Mercoledì scorso, la Federal Reserve ha deciso di mantenere invariato il costo del denaro, nonostante Powell avesse dichiarato che l’incertezza economica è «insolitamente elevata». Il presidente della Fed ha spiegato che è «appropriato aspettare per avere maggiore chiarezza», evidenziando che il costo di un approccio cauto è relativamente basso. Tuttavia, le stime economiche sono cambiate drasticamente a causa delle politiche protezionistiche, con una previsione di crescita ridotta all’1,7% per quest’anno, rispetto al 2,1% stimato a dicembre. Inoltre, l’inflazione è attesa al 2,7%, superiore alla precedente previsione del 2,5%.

Rischi e opportunità per l’economia americana

Nonostante le sfide, l’economia americana appare «solida». Recenti rapporti mostrano che la richiesta di sussidi di disoccupazione è stata inferiore alle attese e che il numero di compravendite di case ha registrato un sorprendente aumento del 4,2% nel mese scorso. Tuttavia, i timori di una possibile stagflazione, caratterizzata da crescita stagnante e aumento dei prezzi, pongono Powell di fronte a un dilemma. La Fed potrebbe decidere di ridurre i tassi di interesse, anche se ciò comporterebbe un allontanamento dall’obiettivo del 2% di inflazione nel medio termine. Per garantire maggiore liquidità nel sistema finanziario, la Fed ha annunciato una riduzione dei titoli in scadenza da 25 a 5 miliardi di dollari al mese.

Impatto dei dazi sull’economia europea e italiana

Christine Lagarde, presidente della Banca Centrale Europea, ha recentemente quantificato l’impatto dei dazi imposti da Trump sull’economia europea. Durante un’audizione al Parlamento dell’Unione Europea, ha avvertito che le tariffe al 25% su acciaio e alluminio importati dall’Europa potrebbero ridurre la crescita dell’area euro di circa 0,3 punti percentuali nel primo anno. Se l’Unione Europea decidesse di adottare controdazi, l’impatto potrebbe aumentare fino a mezzo punto percentuale. Bruxelles sta considerando di posticipare le ritorsioni di due settimane, fino a metà aprile, nel tentativo di riaprire il dialogo con Washington.

L’Italia, in particolare, si trova in una posizione vulnerabile. Secondo l’ultimo rapporto dell’Istat presentato alla Camera di Commercio di Genova, oltre 23.000 imprese italiane risultano «vulnerabili» a causa della loro esposizione all’export, mentre 4.600 aziende dipendono fortemente dalle importazioni. Le nuove tariffe statunitensi potrebbero aggravare ulteriormente la situazione, con ripercussioni significative sui settori manifatturiero e agroalimentare, già messi a dura prova dalle attuali dinamiche commerciali.

Serena Libra

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