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Il Recovery Fund e il fondo per la ripresa sono due modalità uniche per dare il via alla transizione di un’economia più sostenibile. Nello specifico i paesi dell’Eurozona stanno e cercando d’invertire l’attuale approccio europeo, in discontinuità con i sistemi fino a ora conosciuti. Il Dispositivo per la ripresa e la resilienza non è solo il nucleo del fondo, approvato per facilitare la ripresa economica delle nazioni maggiormente interessate dalla crisi. Infatti porta con sé un duplice obiettivo e delle tensioni ancora irrisolte. Vediamo quindi di capire come è possibile intraprendere modelli economici e ambientali più sostenibili grazie al Recovery Fund.
Come abbiamo imparato in questi mesi, col Recovery Fund l’Europa si è spaccata in due e ogni schieramento ha esposto i suoi obiettivi. Infatti da una parte c’è la priorità dalla crescita del PIL. Questa dev’essere raggiunta con politiche straordinarie, come lo stesso fondo, e la sospensione dei vincoli di bilancio europei. Dall’altro lato invece c’è la volontà di promuovere la resilienza delle economie europee.
Proprio questo principio comprende l’indirizzamento delle risorse del Recovery Fund in modelli economici e di produzione più vicini alla sostenibilità. Questi modelli però sembrano essere attualmente incompatibili con l’obbligatoria crescita del PIL e la filosofia economica dell’Europa. Ovviamente però solo il secondo approccio garantirebbe una ripresa resiliente dell’economia. Infatti, seppur sul lungo periodo, sarebbe capace di bilanciare catastrofi ambientali e modificazioni di clima ed ecosistemi.
Quindi il Recovery Fund si può utilizzare per risolvere la crisi pandemica che stiamo vivendo, ma solo perché promuove una transizione verso la sostenibilità. Allo stesso tempo però questo significa dare un fermo al primato del rigore fiscale e della rigida disciplina di mercato imposta dall’UE.
Come abbiamo anticipato l’obiettivo primario del Recovery Fund è la ripresa del PIL e, solo in seconda battuta, va indirizzato verso la resilienza economica. Nonostante le priorità abbastanza dubbie, non è detto che il fondo riesca da subito a immettere risorse nelle economie dei paesi dell’Unione Europea. Questo perché il fondo è costituito da risorse a fondo perduto, pari circa a 312 miliardi di euro, destinati alla contrazione del PIL.
La parte restante invece è formata da prestiti che peseranno sui debiti pubblici nazionali e dovranno poi essere restituiti secondo i vincoli di bilancio. Perciò il Recovery Fund potrà contribuire solo in minima parte alla ripresa economica delle nazioni europee. Tuttavia questa è portata avanti da finanziamenti, con tassi d’interesse a zero, sui mercati e dalla richiesta di titoli sovrani. Per questi motivi il Recovery Fund dovrebbe essere usato per promuovere investimenti mirati alla sostenibilità dei sistemi economici alternativi, poiché solo questi sono resilienti sul lungo periodo.
La transizione a sistemi economici contraddistinti dalla sostenibilità, attuabile con il Recovery Fund, è possibile solo con l’impegno di tutti. Infatti il cambiamento dev’essere portato avanti sicuramente dagli stati membri, ma anche dal sistema produttivo, finanziario, pubblico e privato. Solo con investimenti attivi e orientati alla sostenibilità si potranno raggiungere obiettivi secondari come la creazione di nuovi posti di lavoro e un nuovo valore sul lungo periodo.
Un altro requisito fondamentale è che i fondi stanziati si recuperino con l’emissione di obbligazioni verdi, i cosiddetti green bond. Solo così sarà possibile raggiungere l’obiettivo della resilienza, evitando allo stesso tempo che il Recovery Fund venga utilizzato per finanziare attività incompatibili con i criteri di sostenibilità dell’UE.
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