
La riforma delle pensioni: cosa cambia? (www.economiafinanzaonline.it)
Pensione, questi lavoratori rischiano di andarci molto dopo gli altri. Ecco il motivo e perché occorre informarsi quanto prima.
Il percorso verso la pensione, per molti lavoratori italiani, è spesso un complesso intreccio di anni di lavoro, periodi di inattività e contributi di varia natura. Tra questi ultimi, ce n’è un tipo che rappresenta senza dubbio uno strumento prezioso ma che al tempo stesso, in alcuni casi, è fonte di fraintendimenti e brutte sorprese.
Se da un lato, infatti, aiutano ad arricchire l’estratto contributivo, dall’altro non sempre contano allo stesso modo degli altri per accedere a determinate formule pensionistiche o per determinare l’importo dell’assegno. Ma di quali contributi stiamo parlando?
Cosa sono i contributi figurativi
I contributi figurativi sono accrediti previdenziali concessi per periodi in cui il lavoratore non ha percepito una retribuzione regolare ma ha comunque mantenuto un legame formale con il mondo del lavoro. Parliamo ad esempio del periodo di disoccupazione coperto dalla Naspi, del servizio militare, della maternità obbligatoria, della cassa integrazione e dei congedi per assistere i familiari in difficoltà.
Questi contributi vengono accreditati direttamente dall’INPS o su richiesta, a seconda del caso. Nonostante la loro utilità, i contributi figurativi non sempre “pesano” allo stesso modo. Per alcune misure, soprattutto quelle che prevedono requisiti specifici, i contributi figurativi possono perfino diventare un ostacolo.

Uno degli esempi più chiari è quello della pensione anticipata per “contributi puri” (cioè coloro che hanno versato il primo contributo dopo il 31 dicembre 1995). Per accedere a questa formula a 64 anni, oltre ad avere almeno 20 anni di contributi, è necessario non aver avuto contributi accreditati prima del 1996.
Se il lavoratore ha per esempio riscattato gli anni di servizio militare o ricevuto un accredito figurativo retroattivo, perde il requisito e dovrà attendere fino ai 67 anni per accedere alla pensione di vecchiaia ordinaria.
L’impatto sull’importo della pensione
C’è poi un aspetto economico che viene spesso sottovalutato. I contributi figurativi, specie quelli legati a periodi di disoccupazione, non generano un valore pensionistico pari a quello dei contributi effettivi. Questo perché non sono associati a una retribuzione reale.
Chi ha fruito della Naspi negli ultimi anni di carriera, ad esempio, vedrà una riduzione nella media retributiva utilizzata per il calcolo della pensione, con un impatto diretto sull’importo dell’assegno mensile. Fortunatamente, l’INPS offre la possibilità di escludere i periodi penalizzanti del calcolo, ma solo su richiesta e in presenza di condizioni particolari.
Le cose si complicano ulteriormente quando si parla di misure come la pensione anticipata ordinaria (42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 e 10 per le donne) o la cosiddetta Quota 41 per lavoratori precoci. In questi casi è necessario aver maturato almeno 35 anni di contributi “puliti” ovvero privi di periodi figurativi derivanti da disoccupazione o malattia.