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Listini in borsa e crisi mondiale: le altalene della finanza

Chi opera nel forex trading si occupa anche di valutare se lo scoppio di una guerra e i periodi di crisi mondiali siano un buon momento per investire in borsa.

Chi opera nel forex trading si occupa anche di valutare se lo scoppio di una guerra e i periodi di crisi mondiali siano un buon momento per investire in borsa, studiando le possibili conseguenze di uno scontro dal punto di vista dei mercati obbligazionari, energetici, petroliferi, finanziari e dei capitali.

Valutazione supportata dagli esempi del passato, che hanno dimostrato come i listini in borsa siano stati spinti con gli inizi dei conflitti bellici. Conflitti che, naturalmente, hanno avuto natura e durata variabile, oltre al numero di nazioni coinvolte e alla localizzazione geografica degli scontri.

A subire un notevole impatto è stata anche l’inflazione, a causa dell’impennata dei prezzi delle materie prime durante – e, spesso, anche in previsione de – i conflitti. Anche se i trend di Wall Street negli eventi bellici passati hanno mostrato un calo dei corsi azionari (con conseguente aumento della volatilità) durante il periodo di attesa dell’ormai imminente scoppio del conflitto, e il rialzo dei listini non appena viene dichiarato l’inizio della guerra.

Gli effetti della guerra sui listini

Gli importanti conflitti bellici che hanno interessato il Novecento sono stati la causa del rialzo del Dow Jones, sia durante la Prima che la Seconda Guerra Mondiale; in particolare, tra il 1939 e il 1945, l’indice USA è salito di circa il 23%. Crescita avvenuta anche durante la guerra di Corea e il conflitto in Vietnam. Un rialzo azionario un po’ più contenuto, invece, è stato registrato durante le due guerre del Golfo.

Da ciò gli azionisti hanno dedotto che Wall Street trae profitto dai periodi belligeranti e dalle crisi mondiali, dal momento che le large cap sono salite del 16,9% durante la Seconda Guerra Mondiale, e le blue chip sono balzate del +18,7% durante la guerra di Corea.

Un andamento positivo registrato grazie all’esposizione degli effetti della guerra agli investitori internazionali che, di conseguenza, variano da listino a listino. In questo contesto, il Governo si ritrova a dover incrementare le spese per sostenere l’impegno bellico, e questo causa l’accrescimento del debito pubblico, il quale è responsabile di fare aumentare la quantità di titoli scambiabili e del business di compravendita.

È in questa fase che gli investitori si affrettano, una volta individuata la lista di piattaforme per il trading più adatta alle proprie attese, ad acquistare le azioni dei comparti legati all’industria di guerra, poiché i guadagni potrebbero essere maggiori.

Le conseguenze della guerra Russia-Ucraina sui mercati

Lo scoppio della guerra tra Russia e Ucraina ha scosso i mercati globali, soprattutto per quanto riguarda la corsa ai beni rifugio e la pressione sulle materie prime, con gas e petrolio in testa, causando un enorme impatto a livello mondiale sulle variabili finanziarie. In particolar modo, sono stati interessati e coinvolti gli investitori, la finanza e l’economia mondiale.

Partendo dai beni rifugio (con oro, dollaro, franco svizzero e yen tra i più quotati), si è verificata una corsa agli acquisti, così come per le obbligazioni, da sempre uno degli asset più sicuri. Inoltre, a causa dell’invasione russa ai danni dell’Ucraina, sono aumentati ulteriormente i prezzi del petrolio, con conseguente aumento dei livelli di inflazione.

Ad essere decisamente altalenante è stato – e lo è tutt’ora – il mercato del grano, il cui aumento dei prezzi è stato causato dall’interruzione del flusso di grano in uscita dalla regione del Mar Nero, a causa delle azioni militari e delle sanzioni, generando una notevole inflazione alimentare. Ucraina, Russia, Kazakistan e Romania sono i grandi esportatori che spediscono grano dai porti del Mar Nero, con la Russia al primo posto a livello mondiale.

Un durissimo colpo lo hanno incassato i mercati energetici e petroliferi, con l’aumento dell’inflazione. L’Europa, infatti, compra dalla Russia circa il 35% del suo gas naturale, che proviene da gasdotti che attraversano la Bielorussia e la Polonia.

L’Eurozona ha, dunque, una forte dipendenza energetica dall’area russa e da questo dato è facilmente comprensibile l’avvenuta impennata dei costi dell’energia: saliti alle stelle a causa dell’invasione: il prezzo del greggio è salito oltre i 100 dollari al barile, cifra che non veniva raggiunta dal 2014.

Ma i prezzi del gas erano già saliti a livelli record nel 2020, quando i volumi di gas che la Russia esportava in Europa erano diminuiti a causa dei blocchi che hanno soppresso la domanda; nel 2021 i consumi sono aumentati, ma non hanno contribuito alla ripresa, quanto piuttosto alla crescita del prezzo.

Dal punto di vista dei mercati obbligazionari, infine, sono state ingenti le ricadute dovute alle azioni militari. Gli investitori si sono esposti molto meno per via delle tensioni tra Washington e Mosca e le obbligazioni in dollari sono diminuite, con le azioni statunitensi terminate al ribasso.

I periodi di instabilità geopolitica nuocciono notevolmente sui mercati finanziari, con conseguenze inevitabili anche per il forex trading.
Per ulteriori informazioni: www.tradingmania.it.

Team Redazione

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