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Approvata la Legge sulla parità salariale, cosa cambia?

La legge sul cosiddetto gender pay gap ha superato anche il vaglio del Senato dopo quello della Camera: quali saranno le conseguenze?

Un passo avanti fondamentale” e un “rafforzamento della democrazia“. Sono queste le parole usate rispettivamente dalla relatrice Chiara Gribaudo del Partito Democratico e dall’ex Presidente del Consiglio Giuseppe Conte (Movimento 5 Stelle). Si parla della Legge sulla parità salariale, votata favorevolmente anche al Senato dopo il voto positivo alla Camera dello scorso 13 ottobre. “Con il via libera definitivo di oggi al Senato, giunto all’unanimità, alla legge sulla parità salariale il nostro Paese compie un passo di fondamentale importanza verso il completo superamento delle disuguaglianze di genere, l’aumento dell’occupazione femminile, l’assunzione del principio di condivisione tra donne e uomini delle opportunità e delle responsabilità sul lavoro e in famiglia” – questo il commento di Gribaudo e Fedeli (relatrice PD) a margine.

Cosa cambia nella pratica:

La legge introduce, fra le altre novità, un documento denominato “certificazione della parità di genere“. Si tratta di un rapporto che tutte le imprese con più di cinquanta dipendenti dovranno redarre a cadenza biennale. Al suo interno andranno indicati tutta una serie di dati riguardanti le politiche aziendali in merito al raggiungimento della parità di genere. Il mancato adempimento del rapporto potrebbe risultare in multe fino a 5.000 euro.

Vengono introdotti anche incentivi alle assunzioni femminili. A tal fine vengono stanziati 10 milioni di euro provenienti dal PNRR. Ma anche sgravi contributivi pari all’1% di tutta la contribuzione da corrispondere in nome della dipendente in questione. Ciò per una cifra fino a 50.000 euro annuali. Infine s’introduce una nuova definizione di discriminazione sul posto di lavore, cioè quella “ragione del sesso, dell’età anagrafica, delle esigenze di cura personale o familiare, dello stato di gravidanza nonché di maternità o paternità, anche adottive” che mettano la dipendente “in posizione di svantaggio rispetto alla generalità degli altri“.

Davide Arcidiacono

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