
La distinzione tra coabitazione e riconciliazione: cosa dice la Cassazione (www.economiafinanzaonline.it)
La Corte di Cassazione ha recentemente ribadito un principio fondamentale in materia di divorzio e separazione.
Il caso esaminato dalla Cassazione riguarda una coppia separata che, pur continuando a vivere sotto lo stesso tetto, non ha ricostituito il rapporto coniugale nella sua interezza. La Corte ha infatti precisato che la riconciliazione è un comportamento inequivoco, che presuppone la volontà e l’effettiva ripresa di un progetto di vita comune caratterizzato da solidarietà, collaborazione e assistenza morale e materiale.
Non basta dunque abitare insieme o condividere la stessa abitazione per parlare di riconciliazione. La convivenza può essere, ad esempio, dettata da motivi economici o da altre circostanze contingenti, ma se manca il recupero della comunione di intenti e di affetti che fondano il matrimonio, gli effetti della separazione permangono.
Nel caso concreto, la Corte d’Appello di Bologna aveva confermato questa impostazione rigettando l’eccezione di riconciliazione sollevata da una delle parti, nonostante la coabitazione, e aveva adeguato l’assegno divorzile da 500 a 800 euro mensili, tenendo conto delle condizioni economiche dei coniugi.
La Cassazione ha quindi respinto il ricorso per la nullità della cessazione degli effetti civili del matrimonio, sottolineando che la mera tolleranza della permanenza nella casa familiare da parte di uno dei coniugi non comporta l’annullamento della separazione, soprattutto quando la convivenza non si traduce in una comunione di vita effettiva.
Gli oneri economici e la responsabilità dei coniugi dopo la separazione
Parallelamente alla questione della coabitazione, la Cassazione ha affrontato anche il tema della contribuzione economica tra ex coniugi. È stato sottolineato che entrambi sono tenuti a contribuire al pagamento del mutuo sulla casa familiare e che il coniuge che ha anticipato l’intero importo ha diritto alla restituzione della metà della somma versata.
Inoltre, la giurisprudenza attuale ha chiarito che il trasferimento dell’immobile nei cinque anni successivi alla separazione o al divorzio non comporta automaticamente la perdita dei benefici fiscali “prima casa”, purché avvenga nell’ambito di accordi tra le parti.
Sul fronte del mantenimento, la Cassazione ha ribadito che il pagamento dell’assegno di mantenimento è obbligatorio e che il genitore affidatario non può sostituire tale obbligo con l’ospitalità diretta del figlio, come confermato da una sentenza del 2025.

Nel contesto familiare, la giurisprudenza continua a porre un’attenzione particolare al ruolo del minore nei procedimenti che lo riguardano. La Corte ha riconosciuto che il minore è parte sostanziale del processo e ha diritto a essere ascoltato, anche se la sua presenza formale in aula non è sempre necessaria.
In questioni delicate come la scelta della scuola, il giudice può decidere anche senza ascoltare il minore, mentre in altri casi il suo parere può essere determinante, come evidenziato dalle recenti pronunce del 2025.
La responsabilità genitoriale, inoltre, può essere revocata o modificata solo con motivazioni adeguate e sempre nel rispetto del superiore interesse del minore, assicurando la partecipazione del Pubblico Ministero e, ove necessario, la nomina di un curatore speciale.
L’evoluzione normativa e giurisprudenziale in materia di famiglia
Il panorama giuridico italiano in tema di famiglia è caratterizzato da continui aggiornamenti, con la Corte di Cassazione che svolge un ruolo fondamentale di garante dell’unità interpretativa della legge e di tutela dei diritti delle parti, specialmente dei più vulnerabili come i figli.
Tra le novità più rilevanti degli ultimi anni, si segnala l’entrata in vigore dell’articolo 570 bis del Codice Penale, che punisce la violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o divorzio, estendendo la tutela anche ai figli nati fuori dal matrimonio.
Infine, la Corte ha affrontato anche il tema della tutela delle famiglie di fatto, stabilendo che la prova dell’esistenza di una convivenza stabile e duratura può incidere sulla concessione dell’assegno divorzile, con la possibilità di utilizzare anche la testimonianza di investigatori privati.