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Investire in borsa: il segreto è diversificare

La diversificazione è una strategia che consiste nel distribuire il capitale investito tra asset diversi, settori differenti, aree geografiche multiple, strumenti finanziari vari, in modo che la performance negativa di alcuni componenti venga compensata dalla performance positiva di altri.

L’obiettivo non è massimizzare il rendimento in assoluto (concentrandosi sul singolo asset più promettente) ma ottimizzare il rapporto rischio/rendimento, riducendo la volatilità complessiva del portafoglio e proteggendo il capitale da shock specifici.

Il fondamento teorico della diversificazione risale agli anni ’50 con la teoria moderna del portafoglio di Harry Markowitz, che gli valse il Premio Nobel per l’economia. Markowitz dimostrò matematicamente che combinando asset con correlazioni non perfette (cioè che non si muovono sempre nella stessa direzione), è possibile costruire portafogli che offrono rendimenti attesi simili o superiori a singoli asset ma con volatilità significativamente inferiore. Questo non è magia finanziaria ma statistica: quando un asset scende, altri salgono o restano stabili, ammortizzando le perdite complessive.

Il concetto è intuitivo se considerato in termini pratici. Immaginiamo un investitore che mette tutto il suo capitale nelle azioni di una singola azienda tecnologica. Se quell’azienda fallisce, perde tutto. Se perde quota di mercato, il portafoglio crolla. Se il settore tecnologico entra in crisi, ne risente pesantemente. Ora immaginiamo lo stesso investitore che distribuisce il capitale tra 20 aziende di settori diversi (tecnologia, sanità, energia, beni di consumo, finanza), in diversi Paesi, aggiungendo obbligazioni e altri asset. Il fallimento di una singola azienda rappresenta ora solo il 5% del portafoglio; la crisi di un settore impatta solo parzialmente; problemi specifici di un Paese non distruggono l’intero patrimonio.

Questa logica si estende a tutti i livelli. Chi segue questi consigli per investire fino a 1 milione di euro scopre che la diversificazione diventa ancora più critica con patrimoni significativi, dove la protezione del capitale diventa priorità almeno pari alla crescita. Ma i principi valgono per qualsiasi cifra: anche chi investe poche migliaia di euro beneficia enormemente della diversificazione, oggi facilmente accessibile attraverso strumenti moderni come gli ETF.

È importante distinguere tra rischio sistematico (o di mercato) e rischio specifico (o idiosincratico). Il rischio sistematico riguarda l’intero mercato o economia: recessioni, crisi finanziarie globali, pandemie, guerre mondiali colpiscono praticamente tutti gli asset. Questo rischio non è eliminabile attraverso diversificazione perché tutto tende a scendere insieme nei momenti di stress estremo. Il rischio specifico riguarda invece singole aziende, settori, Paesi: scandali aziendali, fallimenti, cambiamenti tecnologici che rendono obsoleti prodotti, crisi politiche locali. Questo rischio è ampiamente eliminabile attraverso diversificazione appropriata.

La diversificazione efficace richiede che gli asset nel portafoglio abbiano correlazioni basse o negative. La correlazione misura quanto due asset si muovono insieme: correlazione +1 significa movimento perfettamente sincronizzato, 0 significa movimenti indipendenti, -1 significa movimenti perfettamente opposti. Combinare asset con correlazione bassa o negativa massimizza i benefici della diversificazione. Ad esempio, azioni e obbligazioni governative di qualità tendono ad avere correlazione bassa o negativa: quando i mercati azionari crollano per timori di recessione, gli investitori si rifugiano in bond sicuri facendone salire il prezzo.

Gli strumenti della diversificazione: dalle azioni agli ETF, costruire un portafoglio bilanciato

La diversificazione può essere implementata attraverso molteplici classi di asset e strumenti finanziari, ciascuno con caratteristiche, rischi e rendimenti attesi diversi. Comprendere le opzioni disponibili permette di costruire portafogli personalizzati secondo obiettivi e profilo di rischio individuali.

Le azioni (o equity) rappresentano quote di proprietà in aziende quotate. Storicamente hanno offerto rendimenti superiori a qualsiasi altra classe di asset nel lungo periodo (mediamente 7-10% annuo nominale nei mercati sviluppati su orizzonti pluridecennali), ma comportano volatilità significativa nel breve-medio termine. Un portafoglio ben diversificato include azioni di aziende di diversa capitalizzazione (large cap stabili, mid cap in crescita, small cap più rischiose ma con potenziale superiore), settori economici vari (tecnologia, sanità, finanza, energia, beni di consumo, industriali, utilities), aree geografiche multiple (Paesi sviluppati e, in misura appropriata, emergenti).

La diversificazione azionaria può essere ottenuta attraverso titoli diretti (comprando singole azioni) o, più efficientemente per piccoli investitori, attraverso fondi e ETF che detengono centinaia o migliaia di titoli. Gli ETF azionari (Exchange Traded Funds) sono particolarmente attraenti: replicano indici di mercato (es. S&P 500, MSCI World, FTSE All-World) con costi bassissimi (spesso sotto lo 0,2% annuo), offrendo istantanea diversificazione. Un singolo ETF globale azionario può contenere 3000+ aziende da tutto il mondo, fornendo diversificazione che richiederebbe centinaia di migliaia di euro e competenze notevoli se costruita con titoli diretti.

Le obbligazioni (o bond) sono prestiti che gli investitori fanno a governi o aziende in cambio di pagamenti di interessi periodici e restituzione del capitale a scadenza. Generalmente meno volatili delle azioni, offrono rendimenti inferiori ma stabilità superiore. La diversificazione obbligazionaria considera: emittente (governative vs corporate), rating creditizio (investment grade sicure vs high yield rischiose), durata (breve termine poco sensibile a tassi, lungo termine più volatile), geografia (bond domestici vs internazionali), valuta. In portafoglio bilanciato, le obbligazioni fungono da stabilizzatore che ammortizza le fluttuazioni azionarie.

Le materie prime (commodities) includono oro, argento, petrolio, gas naturale, metalli industriali, prodotti agricoli. Hanno correlazione bassa con azioni e obbligazioni, offrendo diversificazione. L’oro in particolare è tradizionalmente rifugio in momenti di stress, protezione contro inflazione, assicurazione contro crolli valutari. L’investimento in commodities avviene tipicamente attraverso ETF o ETC (Exchange Traded Commodities) che replicano i prezzi delle materie prime. Una piccola allocazione (5-10% del portafoglio) alle commodities può ridurre il rischio complessivo.

Gli immobili offrono diversificazione rispetto ad asset finanziari liquidi. Investimento diretto in proprietà richiede capitali significativi e comporta illiquidità, ma esistono alternative: REIT (Real Estate Investment Trusts) sono società quotate che possiedono e gestiscono immobili, distribuendo la maggior parte degli utili come dividendi. ETF di REIT permettono esposizione immobiliare con liquidità azionaria. 

Le valute rappresentano un’altra dimensione di diversificazione. Per alcuni investitori il trading diretto sul forex è possibile, anche se rappresenta una soluzione sempre abbastanza rischiosa; per tutti gli altri, si può valutare semplicemente di investire in ETF globali non coperti (unhedged) che detengono asset in varie valute offre diversificazione valutaria automatica.

Gli strumenti attraverso cui implementare la diversificazione hanno caratteristiche distinte. I fondi comuni di investimento attivi sono gestiti da professionisti che selezionano titoli cercando di battere il mercato. Possono offrire valore aggiunto ma comportano costi elevati (1,5-2,5% annuo) che spesso annullano l’eventuale extra-rendimento. I fondi passivi e gli ETF replicano indici con costi minimi (0,1-0,5% annuo), offrendo diversificazione efficiente ed economica. Per la maggior parte degli investitori non professionali, un portafoglio di ETF ben selezionati offre soluzione ottimale.

I fondi bilanciati o multi-asset gestiscono internamente la diversificazione tra azioni, obbligazioni, eventualmente altri asset secondo profili di rischio predefiniti (prudente, bilanciato, aggressivo). Offrono comodità (un unico prodotto) ma minore flessibilità e costi spesso superiori. Le gestioni patrimoniali delegate a consulenti professionali costruiscono portafogli personalizzati considerando situazione specifica dell’investitore; appropriate per patrimoni significativi e complessi ma con costi che devono essere giustificati da valore aggiunto reale.

Investimenti in verde: grafico di mercato che simboleggia la crescita. – www.economiafinanzaonline.it

Costruire il portafoglio diversificato: profilo di rischio e asset allocation strategica

La diversificazione non significa semplicemente “comprare un po’ di tutto” ma richiede approccio strategico basato su parametri individuali. Il punto di partenza è la definizione del profilo di rischio personale, che determina il mix appropriato di asset (asset allocation).

Il profilo di rischio considera fattori oggettivi e soggettivi. L’orizzonte temporale è cruciale: chi investe per la pensione tra 30 anni può permettersi volatilità elevata sapendo che nel lungo periodo i mercati azionari offrono rendimenti superiori nonostante fluttuazioni; chi investe per comprare casa tra 3 anni deve prioritizzare preservazione capitale con asset meno volatili. L’età correla con orizzonte: giovani possono essere più aggressivi, prossimi alla pensione devono essere conservativi. La capacità finanziaria di assorbire perdite dipende da patrimonio complessivo, reddito, stabilità lavorativa, obblighi finanziari futuri: chi ha patrimonio ampio, reddito stabile, nessun debito può rischiare di più.

La tolleranza psicologica alle perdite è fattore soggettivo ma critico. Alcuni investitori dormono tranquilli anche vedendo il portafoglio scendere del 20% sapendo che è temporaneo; altri entrano in panico e vendono al primo -5%. Non serve a nulla costruire portafoglio teoricamente ottimale se poi l’investitore non riesce a mantenerlo nei momenti difficili. Meglio portafoglio leggermente subottimale che viene mantenuto che portafoglio perfetto abbandonato al primo scossone.

L’asset allocation strategica traduce il profilo di rischio in percentuali concrete di allocazione tra classi di asset. Un profilo conservativo (anziani, basso rischio, orizzonte breve) potrebbe avere: 30% azioni, 60% obbligazioni, 10% liquidità/monetario. Un profilo bilanciato (età media, rischio moderato, orizzonte medio-lungo): 60% azioni, 30% obbligazioni, 5% materie prime, 5% liquidità. Un profilo aggressivo (giovani, alta tolleranza rischio, orizzonte lungo): 85% azioni, 10% materie prime/alternativi, 5% liquidità, zero obbligazioni.

All’interno di ogni classe, è possibile mettere in pratica un’ulteriore diversificazione. Nella componente azionaria: 90% mercati sviluppati (USA, Europa, Giappone), 10% emergenti; oppure 70% large cap, 20% mid cap, 10% small cap; o ancora diversificazione settoriale evitando sovrappeso su singoli settori. Nella componente obbligazionaria: mix di governative sicure (protezione) e corporate più remunerative (rendimento), con durate bilanciate.

Il ribilanciamento periodico mantiene l’asset allocation target. Se le azioni crescono molto, la loro percentuale sul totale aumenta oltre il target, aumentando il rischio complessivo. Il ribilanciamento vende parte delle azioni (che sono salite, quindi care) per comprare obbligazioni o altri asset che sono rimasti indietro (quindi relativamente cheap). Questo processo disciplinato implementa automaticamente il principio “sell high, buy low”. Il ribilanciamento può essere calendarizzato (es. annuale) o basato su soglie (quando un asset si scosta di +/- X% dal target).

La diversificazione geografica merita enfasi particolare. Molti investitori italiani sono eccessivamente concentrati su Italia o al massimo Europa, esponendosi a rischio idiosincratico elevato. L’economia italiana rappresenta circa 2% del PIL mondiale; concentrare 50-80% del portafoglio su questo 2% è scelta rischiosa non compensata da rendimenti superiori attesi. Un portafoglio ben diversificato geograficamente riflette approssimativamente i pesi dell’economia globale: 60% USA, 20% Europa, 10% Asia sviluppata, 10% mercati emergenti. Questo protegge da crisi specifiche di singole aree.

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