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Considerata la peggiore catastrofe del 1900, ha fatto più vittime della Prima Guerra Mondiale. Come l’influenza spagnola ha impattato l’economia?
La stampa dell’epoca descrive una situazione non troppo diversa da quella contemporanea. A quei tempi era presto per parlare di una retromarcia in termini di globalizzazione, tuttavia gli effetti per le economie locali furono pesanti. Nelle zone maggiormente colpite, i commercianti e i negozianti dimezzarono i loro utili. Le aziende e gli impianti industriali si trovarono a corto di personale. I medici crollavano dopo gli estenuanti turni, senza avere la forza di contare il numero di vittime. Ma c’è una speranza.
L’influenza spagnola ha ucciso tra 30 e 60 milioni di persone, infettandone più di 500 milioni, in tre ondate: primavera 1918, autunno 1918 e inizio 1919; il virus si propagò fino alla fine del 1920. Nonostante globalizzazione fosse ancora una parola semi-sconosciuta, il virus, dopo aver devastato Europa e Stati Uniti, raggiunse zone sperdute come l’Alaska e le isole del Pacifico. I più colpiti, diversamente dalla pandemia attuale, furono i giovani e gli adulti.
La maggior parte dei pochi studi economici sull’influenza spagnola si sono concentrati sullo shock negativo sulla popolazione e sulla forza lavoro. Secondo questi parametri, alcune ricerche suggeriscono che la febbre spagnola abbia addirittura aumentato la crescita economica e gli stipendi negli Stati Uniti negli anni 20 (Brainerd, Siegler, 2003).
Tuttavia, concentriamoci ora sugli effetti che potremmo più facilmente osservare oggi. Purtroppo, i dati sono scarsi, motivo per cui ci affideremo ai giornali dell’epoca. Sulla l’Arkansas Gazette (19 ott. 1918), i commercianti lamentarono una diminuzione della loro attività stimata tra il 40% e il 70%. Sorprendentemente, anche il settore alimentare fu severamente colpito: ridotto a un terzo rispetto all’usuale, soffrì ingenti perdite dovute soprattutto ai prodotti deperibili. I grandi magazzini fatturarono la metà. Il giornale di Memphis, The Commercial Appeal (5 & 18 ott. 1918), descrive una situazione in cui le fabbriche, le miniere e le società di telecomunicazioni operarono a metà regime a causa dell’assenza dei lavoratori. I medici si trovarono allo stremo.
La situazione non differisce così tanto da quella attuale. I negozi sono chiusi e le attività produttive non opereranno al massimo della loro capacità almeno per un mese. Certo, possiamo ordinare tutto online e ci sarà spedito a casa, inoltre le comunicazioni sono più efficaci che mai. Tuttavia, risulta chiaro che imprenditori, negozianti, ristoratori, professionisti subiranno ingenti perdite. All’epoca gli impatti si riscontrarono solo nel breve periodo: non possiamo che augurarci che la storia si ripeta.
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