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Debiti con il Fisco, lo stipendio può essere pignorato: chi rischia grosso e quanto dovrà pagare

Sarà cruciale monitorare gli effetti di queste misure e la loro accettazione da parte dei contribuenti, che dovranno adattarsi.

Dal 2026, la gestione dei debiti fiscali per i dipendenti pubblici in Italia subirà un cambiamento significativo. Questa modifica, introdotta dalla Legge di Bilancio 2025, prevede misure più severe per garantire una maggiore equità fiscale e incrementare le entrate dello Stato.

In un contesto economico complesso, il governo si propone di affrontare in modo diretto il problema dei debiti con il Fisco, colpendo in particolare i lavoratori con stipendi superiori a 2.500 euro e debiti superiori a 5.000 euro.

Pignoramento dello stipendio

A partire dal 2026, l’Agenzia delle Entrate – Riscossione potrà pignorare direttamente una parte dello stipendio di questi lavoratori, interrompendo il versamento del salario e di altre indennità legate al rapporto di lavoro.

Questo provvedimento è finalizzato a garantire che i contribuenti rispettino i loro obblighi fiscali, contribuendo a una maggiore equità tra i cittadini. In particolare, il comma 84 dell’articolo 1 della legge stabilisce che, per i dipendenti pubblici con un reddito mensile superiore ai 2.500 euro e debiti superiori a 5.000 euro, verranno bloccate le somme dovute a titolo di stipendio, salario o qualsiasi altra indennità.

Possono pignorarti lo stipendio in questo caso – economiaefinanzaonline.it

Secondo le stime del Ministero dell’Economia e delle Finanze, attualmente oltre 250.000 dipendenti pubblici si trovano in una condizione di debito con il Fisco. Di questi, circa 30.000 guadagnano mediamente 3.500 euro al mese, rendendo la misura particolarmente rilevante in termini di impatto economico. La possibilità di trattenere parte dello stipendio rappresenta un intervento diretto e potenzialmente incisivo per aumentare le entrate erariali.

Modalità di pignoramento

La modalità di pignoramento prevede che, per gli stipendi superiori a 2.500 euro, venga trattenuto un settimo della retribuzione mensile fino a quando il debito non sarà estinto. Ad esempio, per un dipendente con uno stipendio di 3.500 euro, la trattenuta mensile sarà di 500 euro. In caso di somme straordinarie, come la tredicesima, la trattenuta sarà del 10%. Questo significa che se un lavoratore percepisce 1.500 euro al mese e riceve una tredicesima che porta il totale a 2.500 euro, la trattenuta sarà di circa 150 euro.

È importante notare che il rinvio dell’applicazione di queste nuove norme al 2026 offre ai dipendenti pubblici un margine di tempo per regolarizzare la propria posizione fiscale, oppure per contestare eventuali errori presenti nelle cartelle esattoriali. Fino al 31 dicembre 2024, i contribuenti avevano 30 giorni per saldare le cartelle esattoriali, ma il termine è stato esteso a 60 giorni, fornendo così una maggiore flessibilità.

Questa riforma rappresenta un passo significativo nel tentativo del governo di affrontare il problema dei debiti fiscali tra i dipendenti pubblici, evidenziando l’importanza della responsabilità fiscale e della trasparenza.

Ilaria Broglio

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