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Coronavirus, anche il turismo è in crisi perdendo il 32%

La crisi Coronavirus non ha avuto un impatto solo sulle imprese, anche il turismo è in crisi. Tutto l’indotto ad esso collegato è in perdita. Ecco perché.

Il turismo e tutto il suo indotto hanno risentito molto della crisi provocata dal Coronavirus. Un esempio riguarda l’industria dell’ospitalità che ha registrato un calo del 95% relativo agli ospiti stranieri. Anche la ristorazione ha registrato un crollo, circa del -68%, tamponato solamente dal food delivery.

Un crollo del genere non si era mai registrato, tanto che il turismo italiano è arrivato a perdere il 32% rispetto agli anni passati. Questa perdita di quasi un terzo del normale guadagno è dovuta anche al fermo totale o parziale delle industrie di settore.

Infatti il lockdown imposto dal Governo ha portato ad uno stop generalizzato delle vendite di abbigliamento e calzature, provocando una vera e propria crisi del turismo. Le uniche società che sono riuscite ad ammortizzare la crisi sono quelle dotate di e-commerce, che sono riuscite a vendere prodotti e servizi relativi al turismo.

Crisi di turismo e ristorazione

Uno dei settori maggiormente collegato a quello del turismo è sicuramente quello della ristorazione, che ha ugualmente risentito della crisi del turismo. Infatti il mondo della ristorazione ha visto un calo, anche se abbastanza contenuto, del 68%.

Fonte foto: https://pixabay.com/it/photos/passaporto-mappa-mondo-viaggio-2714675/

Questa perdita non eccessiva è dovuta in buona parte alle iniziative di food delivery messe in campo da molti ristoranti. Grazie a queste soluzioni infatti la riduzione tendenziale registrata è stata circa dell’11%, e in termini di PIL la flessione che ci si aspetta è del 3,5%, anche se nei prossimi mesi la perdita potrebbe arrivare anche al 13%.

Si tratta di un vero e proprio bilancio di guerra che non ha paragoni nella storia del nostro paese, soprattutto per quanto riguarda turismo e ristorazione. A confermare la tendenza di crisi del turismo sono anche le parole del presidente dell’Ufficio Studi di Confcommercio, secondo lui infatti ci troviamo davanti a dinamiche statistico-contabili inedite.

Una delle poche eccezioni riguarda i prodotti alimentari confezionati di largo consumo che hanno raggiunto dei veri e propri record di vendite. Le spese non alimentari delle famiglie però rimangono in ginocchio.

Nuovi modelli di consumatori

Le tendenze registrate in questi settori, compresa la crisi del turismo, delineano però un nuovo modello di consumatore, molto più responsabile verso il sistema del paese. In questo periodo infatti quasi tutti gli italiani prediligono i prodotti made in Italy, scelta finalizzata soprattutto a sostenere le imprese nazionali.

Questa scelta sembra inoltre essere trasversale e relativa a tutti i ceti sociali. Quello che però sembra ancora mancare è la liquidità per le imprese, effettuabile solo con indennizzi e contributi a fondo perduto che possono integrare le garanzie già mosse dallo Stato.

Le problematiche create dal Coronavirus, e quindi anche la crisi del turismo, e più in generale quella sanitaria, hanno messo in evidenza delle fragilità strutturali radicate nel nostro paese. Senza le giuste precauzioni rimarranno ferite gravi e permanenti in molti settori dell’economia italiana e nel settore produttivo del paese.

La grave situazione italiana

Oltre al turismo, anche altri comparti e settori economici hanno risentito della crisi, come ad esempio i già citati dell’abbigliamento e delle calzature. Questo perché quasi tutti i comparti sono fermi o agonizzanti e, cosa ancor più grave, non sembra esserci un futuro ben delineato.

La necessità è quella di programmare in modo efficacie la ripresa delle attività nel pieno rispetto delle misure sanitarie imposte. Infatti la priorità deve rimanere quella della salvaguardia della salute dei cittadini, anche se dovremmo imparare a convivere con in virus.

In ogni caso però le filiere devono ripartire, evitando che i prossimi trimestri registrino ulteriori bilanci negativi, senza considerare la perdita di dipendenti e il tasso di disoccupazione che potrebbe aumentare.

Bisogna infatti ricordare che per motivi sanitari si venderà molto di più su internet anche perché tutti quanti, compresi gli anziani e i più giovani, sono diventati più abili negli ordini online. Ciononostante però il totale di vendite, sia di e-commerce che offline, rimarrà comunque molto basso.

Fonte foto:
https://pixabay.com/it/photos/passaporto-mappa-mondo-viaggio-2714675/, https://pixabay.com/it/photos/vacanze-la-bevanda-il-tropical-mare-3224482/

Davide Marroccoli

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