Welfare
Tuttavia, nonostante gli ingenti investimenti, spesso questi sforzi non sortiscono gli effetti desiderati, lasciando i dipendenti con una sensazione di insoddisfazione. Una realtà che evidenzia il divario tra le promesse e le azioni concrete, un fenomeno noto come “carewashing“, ossia pratiche di benessere dei dipendenti che restano sulla carta e non incarnano un cambiamento reale e tangibile nella vita dei lavoratori.
Il mercato del welfare aziendale sta conoscendo una fase di notevole espansione. Con un valore attuale stimato intorno ai 69,92 miliardi di dollari, si prevede che possa raggiungere i 95,78 miliardi entro il 2028, evidenziando una crescita sostenuta. Nonostante ciò, un’indagine Gallup mostra un drammatico calo della percezione del benessere da parte dei lavoratori a livello globale, un segnale che le iniziative intraprese potrebbero non essere così efficaci come si sperava. Di conseguenza, aumenta il livello di emozioni negative experienced quotidianamente nel posto di lavoro, evidenziando un clima aziendale che necessita di interventi più mirati e autentici.
Marika Delli Ficorelli, a capo dell’HR in Zeta Service, rileva che per evitare la trappola del carewashing, le aziende devono puntare ad una maggiore coerenza tra quello che dichiarano e ciò che effettivamente fanno. Promuovere un ambiente di lavoro che ascolti attivamente e coinvolga i dipendenti in un dialogo costruttivo è la chiave per creare un vero senso di comunità e benessere. È fondamentale operare in maniera trasparente, rendendo note le azioni intraprese e i risultati ottenuti, e adeguare le risposte alle diverse esigenze dei lavoratori, evitando approcci standardizzati che non tengono conto delle specificità individuali.
Per un impatto a lungo termine, è essenziale sviluppare progetti sostenibili che riflettano un impegno autentico verso il benessere dei dipendenti, accompagnati da una leadership consapevole dei valori sociali e ambientali. Certificazioni esterne e standard indipendenti possono fungere da garanti della serietà dell’impegno aziendale, incentivando pratiche di gestione responsabile e accountability.
Un esempio illuminante portato da Delli Ficorelli mette in luce come iniziative superficiali, come un workshop sulla salute mentale non accompagnato da azioni concrete per equilibrare carichi di lavoro e vita privata, possano finire per essere controproducenti. Questo dimostra che al di là delle buone intenzioni, è l’effettiva implementazione e l’incarnazione dei principi di benessere nella cultura aziendale a fare la differenza.
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