
Non rischia grosso solo l'autore dei commenti offensivi online: a cosa stare attenti - Economiafinanzaonline.it
Se non li cancelli subito finisci davvero nei guai: i commenti offensivi online possono costarti caro, anche se sono di altri.
L’era digitale ha amplificato esponenzialmente la diffusione di contenuti online, con un incremento significativo dei casi di diffamazione online.
L’utilizzo massiccio dei social media e di altre piattaforme digitali ha reso la pubblicazione e la condivisione di opinioni, commenti e giudizi un’operazione semplice e immediata, talvolta con conseguenze legali rilevanti per i gestori degli spazi web.
La responsabilità degli amministratori di blog e siti web
La gestione di un blog o di un sito che permette l’interazione degli utenti con commenti, anche anonimi, espone l’amministratore a un ruolo delicato. Infatti, pur non essendo un professionista dell’informazione, l’admin è responsabile della diffusione di contenuti potenzialmente lesivi per un pubblico ampio e indeterminato. La giurisprudenza italiana si è adeguata a questi nuovi scenari, aggiornando le interpretazioni della normativa per tutelare la reputazione delle persone offese in rete.
La diffamazione, come definita dall’articolo 595 del codice penale, consiste nell’offesa o nello screditamento dell’onore o della reputazione di una persona, attraverso comunicazioni rivolte a più soggetti in assenza dell’interessato. Le pene variano dalla reclusione fino a due anni o multe fino a 2.065 euro, con aggravamenti in caso di diffusione tramite stampa o mezzi pubblicitari, categoria nella quale rientra anche la rete. Con l’ordinanza n. 17360 del 2 luglio 2025, la Suprema Corte di Cassazione ha modificato profondamente il quadro della responsabilità per i commenti diffamatori online.
Prima di questa sentenza, la normativa europea sul commercio elettronico (Direttiva 2000/31/CE) e il decreto italiano di recepimento (D.Lgs. 70/2003) proteggevano i gestori di siti, imponendo la rimozione dei contenuti solo dopo una “conoscenza qualificata” della loro illiceità, generalmente fornita da un’autorità giudiziaria o dalla polizia postale. Ora, invece, il gestore è obbligato a intervenire non appena viene a conoscenza di contenuti potenzialmente illeciti, indipendentemente dalla fonte della segnalazione. Questo può avvenire tramite una semplice notifica da parte della vittima o del suo legale, un messaggio inviato attraverso un modulo online o addirittura dalla lettura diretta del commento offensivo.

La Corte precisa che l’obbligo si applica solo ai contenuti “manifestamente illeciti”, ma la definizione pratica di tale manifesta illiceità è complessa. Commenti contenenti minacce di morte o insulti razzisti sono chiaramente illeciti, mentre molte altre situazioni ricadono in una zona grigia. La sentenza pone una responsabilità significativa sugli amministratori di blog e siti, che devono decidere rapidamente e senza formazione legale se un contenuto costituisce diffamazione o rientra nella libertà di espressione. Questa scelta è delicata, perché una mancata rimozione può esporre a cause legali per danni, mentre una rimozione eccessiva rischia di configurarsi come censura.
Domande frequenti riguardano la linea di demarcazione tra critica politica legittima e diffamazione, recensioni negative e lesione della reputazione, oppure la satira e i suoi limiti. La sentenza della Cassazione, quindi, impone un equilibrio difficile, affidando al gestore un ruolo di filtro che un tempo non era così decisivo. In un contesto dove l’informazione circola a velocità elevatissima e il pubblico è vasto e variegato, la nuova normativa mira a responsabilizzare chi ospita commenti online, con l’obiettivo di contenere i danni alla reputazione e all’onore delle persone, tutelando contemporaneamente la libertà di espressione. Tuttavia, il rischio di errori giudiziari o di abusi rimane un tema aperto che richiederà ulteriori sviluppi giurisprudenziali e forse interventi legislativi futuri.