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Anatocismo: cos’è? Quali conseguenze ha nei confronti di un debitore? Si tratta di un’operazione legittima? Scopriamo quale dinamica muove questa tipologia di azione finanziaria attraverso questo articolo.
L’anatocismo è per definizione l’interesse a un capitale sul quale sono stati calcolati, in modo che tali interessi vadano a produrre a loro volta ulteriori interessi supplementari: tale operazione viene anche definita “capitalizzazione degli interessi”.
Una qualunque somma di denaro è in grado di generare interessi: questo implica che il chiunque contragga un debito (un mutuo, un finanziamento, un prestito ecc), per estinguerlo debba pagare la somma dovuta, integrata di un’ulteriore somma a rappresentare la quota di interessi maturata nel tempo. Tale quota viene calcolata nel momento stesso in cui viene stabilito l’ammontare del capitale e il creditore ne pretende il pagamento.
In parole semplici si tratta del cosiddetto calcolo degli interessi sugli interessi passivi che per il debitore implica il pagamento non solo del capitale o del debito contratto (un mutuo o un finanziamento ad esempio) e degli interessi precedentemente concordati, ma anche ulteriori interessi calcolati su quelli già scaduti e computati comportando quindi una crescita del debito esponenziale, specie se in presenza di elevati tassi d’interesse: tali interessi vengono definiti composti.
In Italia l’anatocismo e l’interesse anatocistico sono regolamentato dall’art. 1283 del codice civile che ne disciplina e sancisce i termini e le condizioni di applicazione.
L’anatocismo si verifica nel momento in cui agli interessi calcolati e già maturati, vengono applicati ulteriori interessi.In sostanza, gli interessi già maturati si trasformano in un vero e proprio capitale (interessi capitalizzati) a cui vengono a sua volta applicati interessi supplementari. Per questo motivo di parla dunque di interesse composto.
Facciamo un semplice esempio di calcolo degli interessi legati all’anatocismo: il creditore anticipa al cliente la somma di 12.000€ con un tasso di interesse all’1% all’anno: trascorso tale periodo gli interessi maturati corrisponderanno a 120€ per un totale di 12.120€ comprensivi del capitale inziale.
Trascorso poi il periodo di capitalizzazione nel quale la quota di interessi diviene quota capitale, sulla somma andranno applicati interessi anatocistici supplementari: questo significa che il tasso di interesse dell’1% annuo andrà applicato non più sui 12.000€ del capitale iniziale, ma sui 12.120€ a cui già sono stati applicati i precedenti interessi. Ne deriva quindi che la somma che il debitore dovrà corrispondere al creditore aumenterà fino al totale di 12.241€.
Da questo si evince come, ripetendo tale operazione per ogni periodo di capitalizzazione (che può essere trimestrale, semestrale o annuale), il debito aumenti progressivamente e in maniera piuttosto significativa.
Nonostante la legge imponesse limiti piuttosto stringenti nei confronti degli interessi anatocistici, in passato si riteneva fossero pienamente legittimi in quanto la loro applicazione era particolarmente diffusa nelle Banche, le quali erano solite applicarli ai contratti di conto corrente. Tale situazione è rimasta invariata fino al 1999, quando la Corte di Cassazione ha finalmente dichiarato la nullità della clausola relativa all’anatocismo poiché non fondata su un uso riconosciuto come valido dalla legge con la conseguente richiesta da parte dei titolari di conti correnti, di un rimborso degli interessi illegittimamente calcolati.
Dal 2014 al 2016 quindi, l’anatocismo è stato del tutto vietato per poi essere reintrodotto secondo la Legge n. 49/2016: ad oggi quindi è vietato solo per quel che concerne gli interessi debitori ovvero quelli a carico del cliente. Per i conti correnti affidati ovvero costituiti da un’apertura di credito, tale divieto è derogabile solo mediante l’autorizzazione preventiva da parte del cliente.
Per scoprire nel dettaglio tutte le regole sull’anatocismo degli interessi passivi, possiamo fare riferimento al documento ufficiale di Banca d’Italia.
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