
Quanto pagheremo il caffè a causa dei dazi di Trump - Economiafinanzaonline.it
Cosa accadrà ai prodotti più amati dagli italiani con i dazi voluti dal Presidente USA Trump: quanto pagheremo il caffè.
I rincari su tè e caffè stanno raggiungendo livelli preoccupanti negli Stati Uniti, aggravati dall’entrata in vigore di dazi fino al 50% imposti dall’amministrazione Trump su alcune delle principali materie prime importate.
Questo intervento tariffario si somma già a una situazione critica determinata da condizioni climatiche avverse, come siccità e raccolti insufficienti, che stanno spingendo i prezzi verso nuovi massimi storici.
L’impatto dei dazi Trump su tè e caffè
Dal 7 agosto 2025 sono operative nuove tariffe che colpiscono duramente i paesi esportatori di tè e caffè, con particolare attenzione verso il Brasile, Vietnam e India. Il Brasile, primo produttore mondiale di caffè arabica, subisce un dazio del 50% sulle sue esportazioni, che si aggiunge a un raccolto previsto in calo del 4,4% causato da condizioni climatiche sfavorevoli. Questo mix di fattori ha già portato a un rialzo dei prezzi: a gennaio, il caffè arabica aveva superato i 3,60 dollari per libbra sui mercati internazionali.
L’effetto si riflette immediatamente sugli scaffali dei negozi e nei menù dei bar statunitensi, dove i gestori lamentano difficoltà nel mantenere prezzi stabili. “I prezzi del caffè cambiano così rapidamente che non possiamo ristampare i menù ogni volta”, ha dichiarato un proprietario di una caffetteria a CNBC, sottolineando l’incertezza che grava sul settore. L’inasprimento delle tariffe non colpisce solo il caffè, ma anche il tè e le spezie provenienti da paesi come Vietnam e India, anch’essi soggetti a dazi del 50%. Le aziende statunitensi che lavorano miscele di chai e altre bevande aromatiche si trovano in difficoltà, soprattutto per i costi aggiuntivi sull’importazione di spezie da più continenti, tra cui Africa, Sudamerica e Asia.

Una proprietaria di un’impresa americana specializzata in miscele chai ha spiegato a CNBC come “a pesare maggiormente siano i dazi sull’India”, un mercato chiave per il tè e alcune spezie essenziali. Questo scenario sta portando molti locali e distributori a trasferire l’aumento dei costi direttamente ai consumatori, con un inevitabile impatto sui prezzi finali. Le tensioni tariffarie si inseriscono in un contesto già difficile, dove le condizioni climatiche estreme hanno ridotto la produzione agricola nei principali paesi esportatori. Il Brasile, che detiene il primato mondiale nella produzione di caffè arabica, ha visto un calo significativo nelle scorte, mentre Vietnam e India hanno rallentato le vendite per preservare le quantità disponibili.
In Italia, la situazione non è estranea: già nel 2024 il prezzo medio di un espresso aveva subito un incremento del 18%, attestandosi a 1,21 euro a tazzina, riflettendo l’aumento globale delle materie prime. Di fronte a questa crisi dei prezzi, alcuni analisti e giornalisti hanno iniziato a ipotizzare un possibile ritorno a bevande alternative come il yaupon, un infuso nordamericano ricco di caffeina e coltivabile localmente, molto diffuso nel XVIII secolo. Questa soluzione nostalgica potrebbe rappresentare un’opportunità per ridurre la dipendenza da importazioni costose e soggette a dazi, anche se al momento resta una proposta poco concreta.
Gli sforzi diplomatici del presidente brasiliano Lula per negoziare una riduzione delle tariffe con Washington sono ancora in corso, ma per il momento l’effetto immediato è un aumento generalizzato dei prezzi, che preoccupa importatori, rivenditori e consumatori finali.